I paesaggi sono rustici e silenziosi. Passano contadini, innamorati, bambini con gli zoccoli. L’idillio è reso in acquarello, con delicatezza, grazie all’uso sapiente di pochi colori. Ocra, verde, azzurri, marrone e rosa mostrano la Val Divedro così come la vedeva l’illustratore Leopoldo Metlicovitz, pioniere della grafica italiana tra Otto e Novecento, incaricato nel 1906 dalla Fernet Branca di riprodurre i luoghi più noti, in occasione dell’Esposizione Internazionale di Milano dedicata al nuovo traforo ferroviario del Sempione.

Il Padiglione della Fernet Branca all’Esposizione di Milano del 1906. Cartolina pubblicitaria da A.A.V.V, Milano verso il Sempione, Milano, Celip, 2006
Metlicovitz era nato a Trieste il 17 Luglio 1868 da una famiglia di origine dalmata, che in verità si chiamava Metlicovich. Iniziò a lavorare giovanissimo, a 14 anni, nella ditta del padre che produceva minuteria meccanica. Nel 1882 si trasferì a Udine dove si impiegò come aiuto litografo. Lì capitò Giulio Ricordi che gli suggerì di venire a Milano, dove dal 1888 e fino al 1892, il giovane artista lavorò per la ditta Tensi, specializzata nella produzione di carte e lastre per la fotografia.
Alla fine di questo apprendistato fu assunto come direttore tecnico alle Officine Grafiche Ricordi dove, da principio, aveva il compito di trasportare i disegni di Adolf Hohenstein e di Giovanni Maria Mataloni sulla pietra litografica. Ben presto lo stesso Hohenstein, che era il direttore artistico, intuì il grande talento del Metlicovitz e lo invitò a presentare dei disegni propri.
Tra le prime realizzazioni il manifesto di stampo verista per il quotidiano cittadino La sera. Nel 1894 fu promosso “pittore” e in quel decennio il suo linguaggio si avvicinò allo Jugendstil, con un’impostazione bidimensionale in cui il soggetto era armonicamente inserito in una cornice d’ispirazione botanica.

La galleria delle macchine alle Officine Ricordi di Viale Campania 42 a Milano, dove il Metlicovitz lavorò dal 1892 al 1938. La fabbrica fu bombardata nel 1944 e successivamente demolita per lasciare spazio a palazzine residenziali. Le Officine si spostarono in via Quaranta

La notissima gola di Gondo, fin dall’antichità un passaggio pericoloso, ma anche pittoresco, per tutti i viaggiatori che a piedi, a cavallo o con la posta, valicavano il Sempione
Tramite Giulio Ricordi il Metlicovitz incontrò i compositori Verdi e Puccini e iniziò a lavorare anche come scenografo per il Teatro alla Scala. Nel 1889 realizzò per la Bohéme una serie di cartoline illustrate e successivamente si dedicò a disegnare manifesti operistici, frontespizi per libretti d’opera, spartiti, calendari e riviste.

Il villaggio di Gondo. Per la fiorente azienda di liquori dei Fratelli Branca il Metlicovitz aveva già disegnato, nel 1899, il marchio con l’aquila che tiene il Fernet e il globo terrestre fra gli artigli
Il suo noto manifesto per l’Esposizione Universale di Milano sul traforo del Sempione, che rappresentava due nudi michelangioleschi di spalle davanti alla nuova galleria, simboli di Progresso e Scienza, fu scelto nel 1906 dal comitato esecutivo, nonostante non fosse stato presentato al concorso ufficiale.

L’etichetta da attaccare sulle valigie dei visitatori con la pubblicità ufficiale dell’Esposizione Universale disegnata da Leopoldo Metlicovitz, 1906, Milano, Officine Giulio Ricordi & C.

L’ospizio del Sempione, voluto da Napoleone fin dal 1801 fu inaugurato nel 1831. Il passo, che collega Briga nel Canton Vallese a Domodossola, è stato per secoli terra di contrabbandieri
Metlicovitz sposò nel 1907 Elvira Lazzaroni. Il primo figlio, Roberto, venne alla luce nel 1908 e nel ’12 nacque Leopolda. In quegli anni viaggiava tra Milano e la villa di Ponte Lambro, dove si sarebbe trasferito nel 1915. Nella prima metà degli anni Venti si occupò di manifesti per località turistiche avvicinandosi al paesaggio e, da allora, si appassionò alla pittura dal vero.

Il villaggio di Sempione. Nell’antica locanda ha sede l’Ecomuseum dedicato alla storia del valico che ospita anche una raccolta di beni materiali e culturali del Vallese
Nel 1938, per divergenze con gli eredi di Giulio Ricordi, Metlicovitz lasciò il suo studio alle Officine, che furono poi bombardate il 13 Agosto del 1943 e successivamente trasferite in via Quaranta. Metlicovitz morì a 76 anni, nella sua casa di Ponte Lambro, il 19 Ottobre 1944. Sessant’anni dopo i signori Ciceri Fagetti, proprietari della villa dell’artista, contattati da Federica Remondi per la sua tesi su Marcello Dudovich, decisero di donare alla Civica Raccolta delle Stampe Bertarelli di Milano la loro collezione privata. Il corpus comprende anche 776 fotografie, corrispodenze e documenti, utili per ricostruire il metodo di lavoro adottato da Metlicovitz. La sua produzione grafica è conservata anche presso l’Archivio Storico Ricordi, una delle più importanti raccolte di materiale iconografico, musicale e pubblicitario del mondo, che dal 2003 ha trovato una degna sede presso la Biblioteca Braidense.

Bérisal, a 1530 metri di altezza, lungo la strada del Sempione, dove la diligenza si fermava per cambiare i cavalli

Il Castello di Briga con le sue tre torri. Il palazzo in stile barocco era un tempo la dimora dell’intraprendente Barone Kaspar Jodok von Stockalper, un commerciante che nel XVII secolo fece fortuna con l’oro delle miniere di Gondo e importando sale, seta e altre merci attraverso il valico, dove per i suoi traffici fece allargare la mulattiera, che prese il nome di Stockalperweg
Metlicovitz ha firmato innumerevoli creazioni, che spaziano dalla pubblicità alle cartoline. Tramite le Officine Ricordi di Viale Campania 42, che oltre per la loro casa stampavano per terzi, molte ditte emergenti come la Pirelli, Ettore Moretti, i Magazzini Mele di Napoli, si affidarono alla sua matita. L’atmosfera è quella è quella del liberty, dove la sensualità del corpo femmineo appare piatta e svuotata e si trasfigura in contorta linea grafica. I colori sono smaltati, gli sguardi languidi, i sorrisi fissi, venati da una sotterranea decadenza che prelude alla prima guerra mondiale.

Tra le prime realizzazioni di Metlicovitz il manifesto rettangolare per il quotidiano milanese del pomeriggio “La Sera” che richiama nell’iconografia elementi di verismo sociale

Stampato dalle Officine Ricordi nel 1898 il manifesto pubblictario per il profumo Fleurs de Mousse si ispira alla grafica liberty del maestro Adolf Hohenstein

Il frontespizio dello spartito per pianoforte della Bohéme di Giacomo Puccini, G. Ricordi. In occasione della prima rappresentazione dell’opera le Officine Ricordi avevano chiesto al Metlicovitz di disegnare una serie di otto cartolina, ciascuna con una scena del melodramma

A chi la pioggia… a noi…! Litografia a colori per la Bottega della Gomma di Piazza Castello 19, 1923, Milano, Officine Giulio Ricordi & C.

La Polvere di Pirlimpinpin per l’operetta di Carlo Lombardo, litografia a colori, 1907, Milano, Officine Giulio Ricordi & C.

La pubblicità degli impermeabili per la ditta di Ettore Moretti di Foro Bonaparte 12 a Milano, litografia, Milano, Officine Giulio Ricordi & C.

Manifesto con dama in rosso per il Calzaturificio di Varese, Sardi Trolli & C. concessionari in cui è evidente l’influenza dell’allievo Marcello Dudovich, litografia a colori, 1914, Officine Giulio Ricordi & C., Milano

Locandina del film muto Cabiria di Giovanni Pastrone 1914, con la sceneggiatura di Gabriele D’Annunzio, 1914, Milano, Officine Giulio Ricordi & C.
Bibliografia: Giovanna Ginex, Metlicovitz Dudovich. Grandi cartellonisti triestini, Milano, Skira, 2002; Giovanna Mori, Era di moda… Eleganza in Italia attraverso i manifesti storici della Raccolta Bertarelli, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2005; A.A.V.V, Milano verso il Sempione, a cura di Roberta Cordani, Milano, Celip, 2006 Laura Mocci, Leopolodo Metlicovitz, in Dizionario Bibliografico degli Italiani, Roma, Treccani, 2010. Da visitare la Collezione Branca, via Resegone 2, 20159 Milano, tel. 02 8513970, e-mail: collezione@branca.it, http://www.branca.it.
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