Era l’anno di grazia – o di disgrazia – 1943. Avevo ventidue anni. Tutto un periodo di storia mi si era rovesciato addosso come un incubo. Così inizia il diario inedito sulla Resistenza di Giorgio Buridan, appena pubblicato da Tararà, con il titolo In cielo c’è sempre una stella per me. Il manoscritto, custodito nell’archivio privato del partigiano, è stato ritrovato e studiato da Maria Silvia Caffari e Margherita Zucchi. Il libro è arricchito da documenti, fotografie e note storiche che illustrano i fatti narrati e li collegano agli avvenimenti coevi, grazie al lavoro certosino delle due appassionate curatrici.
Nato a Stresa il 14 Settembre 1921, in quell’anno di grazia o di disgrazia che era il 1943, Giorgio Buridan era sfollato da Torino, dove risiedeva, alla villa sul Lago del nonno materno Camillo Cappa Legora. Già nell’estate si era avvicinato ai gruppi di Giustizia e Libertà e al Partito d’Azione. L’amico Renato Boeri l’aveva presentato a Ferruccio Parri, lo “Zio”, che lo aveva incaricato di costituire un servizio di distribuzione della stampa partigiana nella zona del Lago, del Cusio e dell’Ossola. Parri mi aveva detto: “Bisogna organizzare un centro di smistamento di tutta la stampa clandestina sul Lago Maggiore. Vuoi occupartene tu?”. Me ne ero occupato con l’entusiasmo di un ventenne.
Iniziò con questo incarico la missione di Buridan. Cresciuto in una famiglia antifascista, si unì agli altri ribelli e insieme, nel ’44, riusciranno a liberare Domodossola dai fascisti, per quaranta giorni di libertà e democrazia che costituirono l’effimera Repubblica dell’Ossola. Il diario racconta poi la battaglia in Val Formazza e la successiva ed estenuante fuga in Svizzera; l’internamento nel campo di Törigen, l’avventuroso rientro in Italia sul Ticino, i rapporti con la Resistenza locale, con il CLN e con il Service Intelligence degli alleati, fino alla liberazione di Stresa, Lesa e Milano. Buridan vi partecipò come Commissario del Ragruppamento Divisioni Patrioti “Alfredo Di Dio”.
Un libro intenso che racconta momenti di vita partigiana nello scenario delle montagne ossolane e del Mottarone: i disagi, la fame, il freddo, i combattimenti, la morte, ma anche l’amicizia che nasce in ore felici, attorno al fuoco, tra personaggi reali.
Eravamo magri, denutriti, brutti, sporchi, vestiti con vecchie giacche militari, maglioni “autarchici”, scarpe di valligiano e coperte puzzolenti. Era il tempo delle pulci e non riusciamo proprio a disfarcene cambiarci e lavare i vestiti. Eravamo, insomma, dei vagabondi armati, una specie di “santa canaglia” e – tutto sommato – i fascisti non avevano torto a chiamarci “fuorilegge” e “banditi”. Saranno proprio loro a contribuire con coraggio e determinazione a liberare l’Italia dal nazi-fascismo. Così fece Giorgio Buridan che ne ha lasciato testimonianza con la sua preziosa cronaca della Resistenza, ora accessibile a tutti. In cielo c’è sempre una stella per me si può aquistare nelle librerie e online, cliccando qui: Libreria Margaroli.
In apertura: Giorgio Buridan a Domodossola nel Settembre del 1944.
Ringrazio con entusiasmo per la recensione al libro di Giorgio Buridan, “In cielo c’è sempre una stella per me…”, che con Margherita Zucchi abbiamo curato raccogliendo nelle note tutte le ricerche fatte per collocare gli avvenimenti raccontati nel contesto di luoghi, persone, e nel più ampio quadro storico. Questa è un’occasione per ricordare che Giorgio Buridan è stato per tutta la sua vita scrittore, e oggi, dopo la lettura del suo diario partigiano possiamo capire quanto l’esperienza di quel tempo di scelte per molti giovani abbia segnato non solo la sua vita, ma anche la sua scrittura. Maria Silvia Caffari
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