C’è un luogo, in Ossola, dove il tempo si è fermato. Lasciando alle proprie spalle il paesello si percorre in una stradina lastricata di di foglie secche e si sente un fredda brezza che sembra soffiare costantemente dal torrente poco più avanti. Si arriva ai Cantinitt, minuscole abitazioni in sasso che paiono adatte agli gnomi, costruite a ridosso della montagna e quasi sempre in ombra.Le costruzioni a volta sono state edificate tra i blocchi di una frana, la cosiddetta giavina, per sfruttare le correnti d’aria che provengono dalla montagna e dal suolo. Siamo a Megolo di Fondo che, insieme a Megolo di Mezzo e Megolo di Cima, costituisce la piccola frazione tripartita di Megolo, situata tra Anzola d’Ossola e Pieve Vergonte
Sul Riale dell’Inferno, il corso d’acqua prossimo ai Cantinitt, che scorre tra Megolo e Anzola e più avanti si getta nella Toce, circolano molti spaventosi racconti, nati forse per spiegare la ferocia delle sue acque. Non crescono piante che resistano alle sue büze (piene) feroci, ma sopravvivono soltanto grandi sassi e cespugli spinosi. La valle divide l’Ossola da Forno in Val Strona con una cresta dentellata, ma inaccessibile.

La valle del Riale nei giorni successivi all’alluvione del 1900. Da venerdì 24 a domenica 26 agosto la pioggia cadde senza sosta e il fiume uscì dagli argini spazzando via il mulino del Cantunet. Gli abitanti di Anzola fuggirono sulle montagne e la piena riempì le case di fango e sassi. Un bambino che dormiva nella culla, vicino al fuoco, fu trascinato via e ritrovato morto dopo qualche giorn , nella roggia. La pioggia si fermò il 27, dopo che la statua di Sant’Antonio che era nella sua nicchia in chiesa fu portata attraverso il paese, fino al ponte in legno di Megolo distrutto. ll ponte fu ricostruito di solida pietra, ma il 24 Settembre del 1924 il Riale capriccioso cambiò letto verso sinistra, dove prima erano prati
Si narra che moltissimi anni fa due contadini erano nel campo e, sorpresi da un temporale si accostarono al Riale, dove apparve il diavolo in persona che sorrideva appoggiato al ponte. Alcuni dicono che che nella valle ci sia l’ingresso alle cataratte infernali. Una leggenda riguarda il prete Spadone di Megolo. Egli si trovava a Roma nella chiesa di San Pietro alla vigilia di Natale. Improvvisamente di fianco a lui comparve il demonio che gli disse “Se tu esprimerai un desiderio io lo esaudirò”. Il prete solerte chiese di poter dire la messa di mezzanotte nella sua chiesa a Megolo. Il diavolo gli disse: “Esaudirò il tuo desiderio a patto che non pronuncerai mai il nome di Dio durante il viaggio”. In men che non si dica il prete si trovò in sella a un cavallo bianco che lo trasportò immediatamente al suo paese. Spadone, sorpreso dalla velocità esclamò “Jesus Maria!”. Non appena ebbe detto quel nome il cavallo, per volere diabolico, lo disarcionò e il povero prete precipitò nell’Inferno. Le persone del paese sostengono che il prete cavalchi ancora senza tregua, giorno e notte.

Una statua raffigurante il Diavolo, di Ferr Frikers, da Freepik
Chissà se nei Cantinitt girano i cüsch a fare i loro scherzetti? Sono un popolo di nani, cugini dei twergi di Ornavasso, che abitano in una caverna nella valle dell’Inferno dove nessun umano ha mai osato entrare. I cüsch sono sempre coperti di neve e pare che abbiano i capelli color argento. Si dice che la loro caverna abbia bocca segreta, che esce in quel vallone sotto la cava, che infatti si chiama Buca d’la val. Un gatto, entrato nella caverna, sarebbe uscito dall’altra parte. Questi gnomi sono ritenuti autori di molte stranezze: si intromettono tra i fidanzati mettendo zizzania, richiamano il vento che sfilaccia i covoni di fieno, suggeriscono a topi di andare a sgranocchiare le castagne sulla grà e slacciano gli scüssal alle donne sugli alpeggi.
Tornando ai Cantinitt, occorre sapere che queste speciali cantine, scavate nella roccia almeno fin dal Settecento e che si trovano anche in Vall’Anzasca, hanno la caratteristica di mantenere al loro interno una temperatura costante, sia d’estate che d’inverno e di poter così garantire la conservazione di formaggio, vino, carne e salumi.

Un Cantinitt usato come ghiacciaia. I tavoli erano utilizzati d’estate quando ai Cantinitt accorrevano in gruppo le famiglie di Anzola per un pranzo al fresco
L’architettura dei Cantinitt è semplice e armonica. Sono edifici in pietra viva, alcuni dei quali intonacati, ricoperti da tetti in piode. Nonostante la semplice funzione di frigoriferi i piccoli abitacoli mostrano una loro grazia e sono abbastanza simili alle baite ossolane di montagna, ma a differenza di quest’ultime, hanno un solo piano e sono privi di finestre. Le porte sono di legno e all’interno del minuscolo giardino delimitato dai muretti di pietra hanno panche e tavoli. D’estate si trasformavano in osterie ed era una tradizione del luogo passare le domeniche dei mesi caldi a gustare formaggio, castagne e bere il vino dolce ‘merican, simile al fragolino, che si traeva dai vitigni locali.

Un gruppo di villeggianti sulla strada tra Anzola e Megolo tra i campi di mais, davanti alla cappelletta di Sant’Agostino. Sono diretti ai Cantinitt per la tradizionale scampagnata estiva

Gita famigliare ai Cantinitt di una famiglia anzolese nel 1906. In primo piano a destra l’architetto Enrico Monti in una foto di Romeo Monti
Per la festa del patrono di Megolo, San Lorenzo, il 10 agosto, le famiglie anzolesi e di Pieve Vergonte si spostavano con il vecchio scharabàn, o carro a banchi, verso Megolo, dove avrebbero trascorso la serata cantando e ballando, seduti sulle fresche panche di pietra sotto le pergole. Questo bastava alle genti antiche per divertirsi in compagnia.

Il pittore Carlo Cocquio fotografato con un suo dipinto da Paolo Monti ai Cantinitt. Cocquio era nato a Ligurno, in provincia di Varese nel 1899. Affermatosi come paesaggista, moisaicista e autore di scene religiose, aveva sposato la cognata di Paolo Monti. Sua figlia Meme è stata protagonista di molti ritratti del famoso fotografo originario di Anzola d’Ossola
Sopralluogo ai Cantinitt – Foto di Marco Casali
Il nucleo dei Cantinitt è oggi, purtroppo, in uno stato di abbandono. Gli edifici, testimoni di un passato di relazioni e di momenti lieti, sembrano destinati in futuro al deterioramente, a meno di organizzare adeguati interventi di restauro e recupero. Sarebbe davvero auspicabile una campagna di conservazione per salvare un’architettura tipica ossolana cha ha una caratteristica ambientale e territoriale unica.

Ogni Cantinitt apparteneva a una famiglia che segnava sull’architrave la data di fondazione e le iniziali del proprietario

In questa immagine è evidente come i Cantinitt siano costruiti sotto il livello del terreno per sfruttare l’aria sotterranea e garantire una temperatura più fredda all’interno

Massicce lastre di pietra dividono le singole proprietà. Sulla sinistra un Cantinitt fondato nel 1710 e restaurato nel 1984

L’Osteria dei Cantinitt, al numero civico 2 ha ancora la sua insegna dipinta sul muro esterno e un corno di stambecco appeso in facciata. All’interno dello spazio delimitato dal muretto ci sono panche e tavoli in pietra

La galaverna copre il terreno e le piante nei pressi di Megolo di Mezzo. Nei mesi invernali si posa dappertutto disegnando un candido ricamo

In Ossola sono molto frequenti le schésc, separazioni fatte con lastre di pietre conficcate nel terreno a segnare due diverse proprietà: una privata, destinata a coltivazione, e l’altra comunale destinata a pascolo
Per accedere allo slide-show cliccare sul primo tondo a sinistra:


In apertura: Ai Cantinitt, dalla Collezione di Roberto Il Cifero
Per scaricare il pdf dell’articolo cliccare qui: Un bicchiere di ‘merican ai Cantinitt
Bibliografia: A.A.V.V., a cura di Giancesare Rainaldi, testo di Enrico Rizzi, Anzola i secoli. Una nostalgia, Anzola d’Ossola, Fondazione Enrico Monti, 1972; Wil Huygen e Rien Poortlivet, Gnomi, Rizzoli, Milano, 1977; A.A.V.V., a cura di Giancesare Rainaldi, testo di Enrico Rizzi, Anzola. Una terra ossolana nella storia, Anzola d’Ossola, Fondazione Enrico Monti, 2000.
articolo molto interessante, le foto sono eccezionali.
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….MEGOLO , ci andavo durante le vacanze estive con la nonna al seguito del mio padrino monsignor Antonio Picconi ( che sarà poi Vescovo di Vigevano) tra il 1936/1938…….quanti bei ricordi !!
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è stupefacente leggere i vostri articoli, così precisi, curati sotto tutti gli aspetti e che conquistano cuore e mente di chi li legge. Grazie
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Grazie Lina! Ci fa tanto piacere il tuo apprezzamento. E’ vero che ne facciamo pochini, quando il tempo lo consente, ma cerchiamo di scriverlo con passione, quella stessa che ci porta a raccogliere le immagini e consultare le fonti, per restituire a voi lettori una visione del passato. Grazie ancora e alla prossima!
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Ho passato i primi 32 anni della mia vita (ora ne ho 55) a Megolo Fondo. Nelle foto ho riconosciuto il cantinitt che apparteneva a mio nonno paterno, dove più volte sono stato a mangiare salumi e formaggio. Provo una grande tristezza nel vedere lo stato di abbandono di questo luogo a me così caro. Lino Blardone
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Ho passato i primi 32 anni della mia vita (ora ne ho 55) a Megolo Fondo. Nelle foto ho riconosciuto il cantinitt di mio nonno paterno dove andavo a mangiare salumi e formaggio. Provo una grande tristezza nel vedere lo stato di abbandono di questo luogo a me così caro.
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Ciao Lino! Ci fa piacere che tu abbia riconosciuto un luogo della tua memoria! Condividiamo con te la tristezza nel vedere un luogo così pregiato e particolare lasciato in abbandono. Ma chissà che in futuro le cose possano cambiare. Nella mia esperienza ho visto tanti posti abbandonati che poi sono stati restaurati e valorizzati. Un caro saluto. Paola Vozza con Marco Casali
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